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Milano – Monumento ai Piccoli Martiri di Gorla

Localizzazione: Milano (Gorla), P.za dei Piccoli Martiri

Il monumento, opera dello scultore Remo Brioschi, fu innalzato a memoria dell’eccidio. Fu eretto al proprio interno un monumento-ossario per tenere uniti i figli e ricordare al mondo il sacrificio delle vittime innocenti della guerra.

Immagine

Monumento ai Piccoli Martiri a Gorla

Descrizione

Il monumento, opera dello scultore Remo Brioschi, fu innalzato a memoria dell’eccidio di 184 alunni e 19 maestri deceduti durante il bombardamento del 20 Ottobre 1944. 

Il terreno comunale dove sorgeva la scuola avrebbe dovuto essere utilizzato per costruirvi un cinema. 

I genitori decisero, invece, d’istituire un Comitato e di fare un esposto al Comune. 

Dopo molte insistenze, ottennero dal Sindaco Antonio Greppi la concessione del terreno su cui far erigere il monumento-ossario per tenere uniti i loro figli e ricordare al mondo il sacrificio delle vittime innocenti della guerra.

Il monumento, un blocco marmoreo sormontato da due pilastri, riporta una scritta a caratteri cubitali: Ecco la Guerra. 

Ai piedi dei pilastri, la statua bronzea di una madre dolente con il proprio figlio morto. 

L’episodio si ricollega molto probabilmente a ciò che realmente accadde quando una madre, forse la prima madre, estrasse dalle macerie il corpicino del suo bambino e se lo portò via a dispetto di tutte le ordinanze che impedivano l’accesso all’area. 

Sul pilastro di sinistra, in rilievo, un aereo sormonta la scuola ancora integra, mentre, su quello di destra, lo stesso aereo allontanandosi lascia sotto di sé il carico di morte. 

Sul retro del monumento due scale portano alla cripta che accoglie i resti dei piccoli alunni e delle loro insegnanti. 

L’abside della cripta è interamente occupata da un mosaico con il volto di Cristo; sotto il mosaico la vittima sacrificale: un bimbo, uno dei tanti innocenti caduti in quella terribile tragedia. Verso di lui sembrano andare le mamme piangenti. 

In alto troneggia la scritta: Vi avevo detto di amarvi come fratelli.

“Scrivo una pagina dolorosissima nella storia della parrocchia. Giornata limpidissima serena, d’autunno in brevi istanti fu tramutata in una giornata di lutto e di pianto e di desolazione. Alle 11.15 suonò il piccolo allarme, non se ne fa caso, e pochi minuti dopo il grande allarme. Squadriglie di numerosi quadrimotori inglesi e americani vengono rapidamente da Sesto S. Giovanni, lanciando sul rione bombe a tappeto innumerevoli. In pochi minuti, molti fabbricati della parrocchia son ridotti ad un cumulo di rovine. Davanti alla gradinata della chiesa è caduta una bomba che fortunatamente ha fatto cadere solo i vetri della parte Ovest e squassata la bussola della porta d’entrata nonché i vetri della casa parrocchiale e dell’oratorio maschile. Esco dal recinto dell’oratorio, spettacolo più raccapricciante si presenta al mio sguardo. Mamme che disperate corrono alla vicina scuola dove una bomba caduta sul fabbricato e precisamente nella tromba delle scale seppellisce più di 200 tra bambini ed insegnanti sotto le macerie. Si inizia l’opera di salvataggio ma tranne i primi e non più d’una decina che vengono estratti ancor vivi, tutti escono deformi cadaveri maciullati a cui si amministra dai Sacerdoti della parrocchia e da quelle limitrofe l’Estrema Unzione e l’assoluzione sotto condizione. Alle 15 giunge sua Eminenza l’’Arcivescovo a consolare le mamme e rendersi edotto dell’orribile catastrofe. Il Parroco in quel momento è assente per un funerale in parrocchia. Si rimane sulle macerie fino a tarda ora della sera, mentre i vigili del fuoco lavorano tutta notte ad estrarre i corpi delle vittime.” (Liber Chronicus, Parrocchia di S. Teresa del Bambin Gesù).

L’incursione aerea del 20 ottobre 1944 era già stata programmata dal febbraio del 1944 dal Comando della 15° Air Force degli Stati Uniti d’America che individuava negli stabilimenti milanesi del nord est un obiettivo strategico da colpire. 

“Due gruppi arrivarono sui bersagli assegnati ed eseguirono regolarmente il bombardamento; il gruppo che doveva attaccare la Breda era composto da 35 aerei. 

Gli aerei procedevano in due ondate, la prima di 18 aerei la seconda di 17. Gli aerei procedevano senza scorta di caccia e, del resto, non ce n’era bisogno: la reazione contraerei era prevista nulla, come in effetti fu; non apparvero aerei nemici. 

I bombardieri, che procedevano a 160 miglia orarie, portavano ciascuno 10 bombe da 500 libbre”. (Achille Rastelli, Bombe sulla città, Milano 2004).

“Gli aerei si presentarono dopo una navigazione regolare e in formazione stretta e assunsero rotta verso la Breda ma a questo punto tutto cominciò ad andare storto. 

Le bombe del “group leader”, aereo di testa della prima ondata, vennero sganciate prima per un corto circuito dell’interruttore di lancio. 

Il “deputy leader” sull’aereo a fianco non sganciò, ma tutti gli altri aerei lo fecero e le bombe caddero sparpagliate sulle campagne circostanti: solo alcuni arrivarono a sganciare le bombe sul bersaglio, o vicino, perché molte caddero sullo stabilimento Pirelli, contiguo a quello della Breda, provocando decine di morti. 

La seconda ondata d’attacco era rimasta distanziata: assunta la rotta d’attacco, questa risultò soggetta ad una deriva di 15° sulla destra. 

Quando il “leader” della formazione s’accorse dell’errore era troppo tardi e tutti gli aerei della seconda ondata, vista la situazione e per liberarsi subito del carico, sganciarono le bombe immediatamente a sud est del bersaglio e presero la rotta del ritorno. 

Il comando criticò ampiamente l’operato del 451° Group, dichiarando che la missione fu un fallimento totale per scarsa capacità di giudizio e scadente lavoro di squadra.

 Non risulta però nessuna eco da parte degli statunitensi di quanto era successo a terra dove erano avvenute tragedie inimmaginabili.” (Achille Rastelli, Bombe sulla città, Milano 2004).

“Appena finito il bombardamento e sollevatosi il polverone grigio e soffocante provocato dagli scoppi, i cittadini che erano più vicini alla scuola si accorsero subito della tragedia e diedero l’allarme. 

Benché i danni in città riguardassero anche altre zone lo sforzo maggiore dei soccorsi fu concentrato sulla scuola elementare dove incominciarono ad accorrere i padri e le madri dei ragazzi. 

La Prefettura di Milano fu informata quasi subito dell’avvenimento e provvide a dare gli ordini necessari: arrivarono i militi dell’Unpa (Unione Nazionale Protezione Antiaerea), quelli della Gnr (Guardia Nazionale Repubblicana), i vigili del fuoco, gli operai delle fabbriche circostanti (molti erano i padri dei bambini), ma quasi subito fu chiara a tutti la dimensione della tragedia. 

Dalle macerie venivano estratti quasi soltanto dei morti; molto attivo in quei momenti fu un giovane sacerdote, Don Ferdinando Frattino che con il suo deciso intervento negli scavi contribuì a salvare molti bambini: gli scolari morti furono 194 più tutte le maestre, la direttrice e il personale ausiliario. 

Di quello che avvenne nella scuola nei suoi ultimi momenti restano le testimonianze spesso drammatiche e commoventi dei bambini, ora divenuti adulti, che riuscirono a sopravvivere.” (Achille Restelli, Dicevano che la guerra era finita, Milano, 2002).

Autore: Edo Bricchetti
Datazione: 1950
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