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Beato don Carlo Gnocchi (1902-1956)

Localizzazione: Pessano con Bornago

Carlo Gnocchi (San Colombano al Lambro,  1902 – Milano,  1956) è stato un presbiteroeducatoreattivista e scrittore italiano.

È venerato come beato dalla Chiesa cattolica.

Fu cappellano militare degli alpini durante la Seconda guerra mondiale e, a seguito della tragica esperienza della guerra, si adoperò ad alleviare le piaghe di sofferenza e di miseria create da quest’ultima.

Il Beato

La passione primaria di Carlo Gnocchi, fin dai primi anni di sacerdozio, fu la crescita e l’educazione dei giovani avvicinatisi alla chiesa e all’oratorio.

Affidato prima alla parrocchia di Cernusco sul Naviglio e, nel 1926, alla popolosa San Pietro in Sala di Milano, protrasse per anni la sua vocazione, creando un profondo legame con i suoi parrocchiani.

La fama di educatore giunse al cardinale arcivescovo di MilanoAlfredo Ildefonso Schuster che, nel 1936 lo nominò direttore spirituale del prestigioso Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, don Gnocchi partì volontario nel battaglione alpini “Val Tagliamento”, destinato al fronte greco/albanese.

Terminata la campagna dei Balcani nel 1941, nel 1942 Carlo Gnocchi, con il grado di tenente, ripartì per il fronte russo, a seguito della Divisione alpina “Tridentina”, dove partecipò in veste di cappellano alla Battaglia di Nikolaevka.

Sopravvissuto al conflitto, raccolse dai feriti e dai malati le loro ultime volontà, che lo porteranno, al rientro in patria, ad un viaggio per la penisola, messaggero tra le famiglie degli scomparsi.

Andò tra le valli alpine a trovare i parenti dei commilitoni caduti.

Entrato a far parte dell’O.S.C.A.R., aiutò ebrei e prigionieri alleati scappati a riparare in Svizzera.

Scrisse articoli sulla rivista clandestina Il Ribelle e sul quotidiano diocesano L’Italia.

Fu rinchiuso più di una volta nel carcere di San Vittore, ma ottenne la liberazione grazie all’intervento dell’arcivescovo di Milano, Ildefonso Schuster.

In quegli anni nacque l’idea di creare un centro caritatevole che potesse seguire le vittime di questa guerra, che si sviluppò in futuro con la nascita della Pro Juventute.

Aprì allora il suo primo centro per curare i mutilatini a Pessano con Bornago, utilizzando un vecchio castello donato al Comune da un conte.

Nel 1949 l’Opera ottiene un primo riconoscimento ufficiale: la “Federazione Pro Infanzia Mutilata”, da lui fondata l’anno prima per meglio coordinare gli interventi assistenziali nei confronti delle piccole vittime della guerra, viene riconosciuta ufficialmente con decreto del presidente della Repubblica. Nello stesso anno, il Capo del Governo, Alcide De Gasperi, promuove don Carlo consulente della presidenza del Consiglio per il problema dei mutilatini di guerra.

Nel 1951 la Federazione Pro Infanzia Mutilata viene sciolta e tutti i beni e le attività vengono attribuiti al nuovo soggetto giuridico creato da don Gnocchi: la Fondazione Pro Juventute.

Vinta la battaglia per i piccoli mutilati di guerra (grazie anche a mobilitazioni di carattere internazionale, tra cui i “Campi dei mutilatini d’Europa“), il complesso assistenziale della Fondazione si orienta verso il problema più pesante che affliggeva l’infanzia sofferente dell’Italia di quegli anni: la poliomielite.

La malattia colpiva allora in Italia una media di tremila fanciulli l’anno.
«
Pochi tra questi – avvertiva don Carlo – sono quelli colpiti mortalmente: i fanciulli sotto i dieci anni con esiti di poliomielite sono circa 30 mila; i giovani sotto i vent’anni 60 mila».
Il problema, esaminato nella sua complessità, appariva dunque enorme. Per affrontarlo, occorreva la capacità e l’esperienza di don Carlo e soprattutto quella visione armonica d’insieme che aveva già fatto dell’assistenza ai mutilatini un modello del genere, un incontro tra l’impeto appassionato del sacerdote missionario e la lungimirante avvedutezza organizzativa sua e dei suoi collaboratori.

Nasce così la poderosa organizzazione professionale della Pro Juventute: sorgono e si ingrandiscono le officine, i laboratori per meccanici, radiotecnici, tipografi, tecnici agricoli, cartotecnici, ceramisti, sarti…

La consegna in punto di morte («Amis, ve raccomandi la mia baracca…») diventa per i successori di don Carlo parola d’ordine.

Se alla scomparsa del sacerdote (1956), la Fondazione vive un momento di consolidamento e di riflessione, già pochi anni dopo è in grado di decollare verso traguardi futuri.

Dopo la morte di Don Carlo molteplici sono le persone e i fedeli che, invocandone l’aiuto, dichiarano di aver ricevuto grazie dal sacerdote, per questi motivi, a trent’anni dalla morte, il cardinale arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini istituì il Processo sulla vita, virtù e fama di santità (processo Diocesano) il 6 maggio 1987 concludendolo positivamente il 23 febbraio 1991.

Dopo anni di analisi e accurate indagini, il 20 dicembre 2002 papa Giovanni Paolo II lo dichiara venerabile.

https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Gnocchi Il processo non si ferma e il 17 gennaio 2009,  Benedetto XVI  riconosce con decreto papale un miracolo attribuito a don Carlo, un passo decisivo verso la gloria degli altari.

Il 25 ottobre 2009 il rito di beatificazione è stato presieduto dall’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi

Autore: Wikimedia
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